Il finale del 2024 fa registrare una situazione di criticità per gli stoccaggi europei di gas che rischia di compromettere i buoni risultati del 2023 circa la tenuta delle disponibilità nelle riserve strategiche dei Paesi e, soprattutto, la sicurezza degli approvvigionamenti. Tutto questo avviene mentre, seppur senza trend esplosivi, il prezzo ritorna a salire impattando sia sull’attività delle imprese del Vecchio Continente che sulla prospettiva di resistenza del mercato europeo dell’oro blu a un inverno rigido.
Gas europeo, stoccaggi in calo
I dati di novembre e dicembre parlano di stoccaggi energetici che si stanno volatilizzando al ritmo più alto dalla crisi del 2021-2022, amplificata prima dall’onda lunga dell’inflazione e della corsa al riempimento degli stoccaggi e poi dallo shock indotto dall’invasione russa dell’Ucraina.
Gas Infrastructure Europe nota che dal 95% di riempimento, il picco raggiunto a fine settembre, gli stoccaggi hanno bruciato quasi il 20% del gas naturale a disposizione per il calo delle temperature e la riduzione delle forniture all’Europa di gas naturale liquefatto nella seconda metà del 2024. Un 75% di riempimento delle riserve di gas a fine 2024 porta il dato in linea con le medie dell’ultimo decennio per l’Europa, con la grande differenza del fatto che adesso non c’è più disponibilità di forniture solide e continue di gas russo via tubo per garantire una continuità degli approvvigionamenti.
La crisi del gas e la partita energetica dell’Europa
In definitiva, è come se sempre di più saranno gli stoccaggi consolidati, in futuro, a far la differenza per tenere al caldo l’Europa, piuttosto che la capacità di rifornirsi fuori dall’Unione Europea in fasi critiche. In inverno, poi, si moltiplicano i Dunkelflaute, i giorni in cui né il solare né l’eolico garantiscono quantità di energia da fonti rinnovabili, aumentando la pressione sulle scorte, specie nei giorni più freddi.
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L’Europa ha visto l’interruzione delle forniture di gas russo, l’inizio del braccio di ferro energetico con Mosca, il sabotaggio delle infrastrutture del Nord Stream, da ultimo la sfida tra l’Ucraina e i Paesi che continuano a importare l’oro blu di Mosca (Ungheria, Slovacchia, Austria) con la minaccia di porre fine al transito sul suo territorio della materia prima importata dal Paese di Vladimir Putin.
Nel frattempo, si è affidata ad attori come Usa e Qatar per l’importazione di costoso gas naturale liquefatto, con la conseguenza che il costo energetico è aumentato, la vulnerabilità insita nella relazione con la Russia non è stata risolta e ora, peraltro, l’Europa è sotto scacco per le politiche ambientali proposte negli Usa da Joe Biden, che ha raffreddato l’export di idrocarburi, e per le minacce di Doha di interrompere le forniture se alle sue aziende saranno imposte regolamentazioni sulla sostenibilità e i diritti umani per operare in Europa.
Ci si può consolare, perlomeno, pensando che la dipendenza dal gas russo non esiste più? Niente affatto! La schizofrenia dell’agenda energetica europea sta nel fatto che la narrazione parla di un disaccoppiamento da Mosca in corso d’opera, la realtà ci dice che parte del gas che non arriva più via tubo arriva dalla Russia sotto forma…di gas naturale liquefatto, ben più costoso.
Il gas russo è ancora tra noi
Visto che il Gnl viene venduto con contratti spot, negoziati giorno per giorno tra operatori, i carichi delle navi gasiere russe hanno un vantaggio competitivo per il minor costo, in termini relativi, legato alla ridotta distanza che devono affrontare, erodendo la supremazia Usa nel settore e ponendo Mosca al secondo posto tra i fornitori dopo Washington.
Il think tank Bruegel ha stimato che nel 2024 le importazioni europee di Gnl russo siano aumentate del 23% a 21 miliardi di metri cubi e il portale European Gas Hub ricorda che il terminal Gnl Yamal, nell’Artico russo sul Mare di Kara, contribuisce al 18% della domanda europea, che copre il 78% del suo mercato di destinazione, e nel 2024 i suoi affari sono stati “ostenuti principalmente da maggiori consegne a Francia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi, che complessivamente rappresentano oltre il 90% delle importazioni totali di GNL dell’UE nel 2024”. In particolare, “la sola Francia ha aumentato le sue importazioni di GNL russo dell’80% (o 4 miliardi di metri cubi) rispetto al 2023, diventando il più grande importatore di GNL russo nell’UE”.
Nel frattempo da inizio novembre a oggi il prezzo del gas europeo al mercato Ttf di Amsterdam è salito del 15%, da 40 a 46 dollari al MWh. Sono lontani i picchi di 300 €/MWh del culmine della crisi energetica nell’estate 2022, però se si pensa che prima del Covid-19 il prezzo oscillava stabilmente tra i 15 e i 20 €/MWh si capisce quanto la “nuova normalità” sia costosa e onerosa per un’Europa in bolletta energetica. E con le scorte in calo sarà altrettanto dispendioso ricostruirle l’anno prossimo, arricchendo attori esterni al blocco tra cui il Paese-spauracchio, la Russia, che del freddo europeo continua, seppur meno che in passato, a fare una fonte di reddito.
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